“La morte è la cosa più lontana, la più estranea e assente nella visione di un cielo stellato, così come i sentimenti d’angoscia e di paura. Solo stupore, e uno sconfinato senso di meraviglia, di commozione per tanto e sublime ordine, oltre alla gratitudine profonda verso la vita che ci offre questo alto e silenzioso spettacolo”.
Piero Guccione (2008)
Negli anni ‘60, Guccione lavora al fianco di Attardi, Aymonino, Guerreschi, Ferroni e altri. Nei lavori nati da queste influenze dominano le visioni quotidiane, i balconi, giardini, finestre, muri. Con la naturalezza della copia dal vero, con la divisione netta di piani, pennellate decise e compatte a richiamare quella plasticità che spesso alcuni critici hanno letto come appartenente al mondo dell’arte Pop.
“La città proponeva i temi metropolitani con carattere già di alienazione; io ho in qualche modo partecipato a questo (…) Mi colpì molto come fenomeno, ma in realtà non c’è mai un richiamo tecnico a tale stile nelle mie creazioni: no ai colori sfacciati, per esempio”. ‘Sul far della luna’ (1968-69): le nuvole gonfie si specchiano sul muso di un aereo, in una visione dal taglio alla Dottori; in ‘La siepe sulla macchina nera’ (1966-67), quest’ultima riflette il verde delle foglie. Un mescolarsi di ombre e di scenari, dove l’ingombrante civiltà industriale si fa largo. Appunto per il giardino sulla macchina nera, opera a pastello che abbiamo la fortuna di poter trattenere con i nostri occhi si inserisce in questo periodo artistico.
Dal 1979, anno in cui Guccione torna in Sicilia, unico è il tema rappresentato nelle sue opere, sempre e comunque realizzate ad olio o pastello su carta: La natura
Maurizio Calvesi 2008 | Intervista a Piero Guccione
“A Guccione interessa l’assoluto, senza dubbio alcuno. L’assoluto immanente della natura, il celeste contagiato di terra, mai totalmente puro, che va scattivato, come dicevano una volta gli scalpellini, per liberare la pietra preziosa dalle inevitabili impurità umane”
Vittorio Sgarbi | Piero Guccione Opere 1963 – 2008
Ultima lettera da Gesualdo Bufalino all’Amico Piero Guccione
5 maggio 1995
Caro Piero,
la cautela a cui mi obbliga la mia odierna condizione di convalescente non mi permette di essere al tuo fianco stasera. Mi sentirei tuttavia un disertore se non partecipassi in qualche modo alla presentazione del volume che ti riguarda. Lo faccio con questa lettera, svolgendo per iscritto le due o tre idee che avrei voluto esprimere a voce su te e la tua arte. Poco ho da dire sul libro: non ho avuto ancora l’occasione di vederlo ma, con la sicumera che è propria della mia età, posso giurare ch’è opera degnissima. Marco Goldin, il curatore, è una delle identità emergenti della critica d’arte contemporanea; editrice è l’Electa, cioè una garanzia riguardo alla perfezione della stampa e alla qualità delle immagini. Le tue opere, infine, che in gran parte conosco, sono il prezioso cuore del libro e commuovono da sole. Qui potrei chiudere ma la circostanza mi sollecita a ripensare il tuo cammino creativo e a rimeditare, alla buona, talune possibili ipotesi sul senso stesso dell’arte e della tua, in particolare. Prendo le mosse dal punto più lontano possibile, dai primi documenti di pittura rupestre che ci sono stati serbati in forme di graffiti nel buio delle grotte di Altamira e Lascaux. Il cavernicolo che li incise scelse, come si sa, per soggetto privilegiato gli animali con cui aveva maggior commercio, domestici o selvatici, oggetti di paura o di minaccia: bisonti all’assalto o in fuga, cavalli, orsi, selvaggine varie… Ora io mi chiedo: l’autore si proponeva di raffigurare un vissuto o una fantasia? Obbediva alla memoria o alla speranza? In altre parole voleva celebrare un successo di cacciatore o immaginava una preda futura, esorcizzandone l’evento? Nel primo caso si avrebbe l’inizio del realismo, nel secondo dell’arte magica e visionaria. Come vedi, sin dalle origini si affrontano nello spirito umano la vista e la visione: la vista, che significa la coscienza della realtà e la sua traduzione in termini riconoscibili; la visione, che proietta sullo schermo della mente barlumi e schegge di sogni. Da quelle remote premesse si può dire discendano le due schiere in cui si son divisi gli artisti nel corso dei secoli; da un lato i servitori del vero e del trompe-l’oeil; dall’altro i veggenti d’una menzogna che si maschera da verità ma è forse una verità più sottile. Pensa, fra i primi, ai fiamminghi, a certe loro nature morte di minuziosa mimetica aderenza; e confrontale con le bottiglie di Morandi, con le forchette di Soutine. Le une più simili ad assemblee di fantasmi che a recipienti reali; le altre autentici artigli di belve che si sfidano all’orlo del piatto, senza che nessuno abbia il coraggio di usarle per avvolgervi due spaghetti… Scrive Van Gogh in una lettera al fratello Théo: «Da un anno non faccio che correre appresso alla natura e tuttavia mi lascio ancora andare a dipingere stelle troppo grandi». Ciò vuol dire che in lui la vista non sapeva più fare a meno della visione; e che oggi nessun pittore sarebbe fiero se un uccello venisse a beccare l’uva nei suoi quadri, scambiandola per vera, come si dice accadesse al greco Zeusi, qualche millennio fa. Vista e visione, dunque, nemiche e alleate insieme sulla tavolozza di ciascun pittore. Ma una terza parola mi viene alle labbra e sei tu, Piero, a suggerirmela. È la parola “visibilio”, e cioè l’estasi dello sguardo, dell’occhio che s’innamora del creato come può essersene innamorata la pupilla di Dio il settimo giorno dopo il Fiat oppure all’indomani del diluvio, quando la colomba si levò a volo e vide la terra riemergere vergine e grondante dai flutti. Visibilio è parola curiosa. Pensa che l’etimologia ne deriva da un passo del Credo: visibilium omnium et invisibilium: di tutte le cose visibili ed invisibili. Un aggettivo plurale, dunque, che è divenuto un sostantivo singolare ed ha assunto, accanto al significato primitivo di quantità, abbondanza di cose visibili, il senso di stupore gioioso davanti a uno spettacolo di bellezza. Come nella locuzione: andare in visibilio. Ebbene, caro Piero, il segreto della tua pittura a me pare stia qui: nell’aver trovato il punto di fusione armoniosa fra vista, visione e visibilio; nell’aver scoperto la giuntura fra quelle due parallele, apparentemente incomunicabili, che sono la verità e l’incantesimo. Questo mi pare il senso della tua arte, che unisce insieme la pietà per un mondo offeso dall’uomo e una sete insaziabile d’innocenza. Qui anche si ritrova la risposta alla domanda che l’altrieri mi hanno rivolto dei ragazzi che lavoravano a un documentario sulla tua arte: «Perché il pittore è tornato a vivere nella solitudine della provincia dopo i successi romani?». Ho risposto che qui a Scicli e nella campagna di Quartarella e nelle spiagge vicine tu potevi, assai meglio che nello squallore delle periferie urbane, cogliere insieme la realtà e il suo doppio, il suo miraggio invisibile; e quindi coniugare disperazione e fiducia, lo schianto dell’albero ucciso, l’immondizia delle plastiche sulla sabbia e insieme il miracolo di un idillio, d’una redenzione ancora possibile. In questo senso la tua pittura, che sembrava lontana di ogni impegno ideologico, recupera un intenso contenuto morale e sfiora la passione. Ripenso, guardando certe tue cose, a un verso di Dante dove si traduce musicalmente il sentimento d’ineffabile dei tuoi cieli, delle tue marine: «Dolce color d’oriental zaffiro…».È un verso del Purgatorio e purgatoriale mi sembra in effetti la tua pittura, sospesa fra peccato e riscatto, rimorso e malinconia. È un silenzio che si fa luce. Come qui a Scicli, alla fine d’ogni agosto, quando nell’ultima notte di plenilunio salgo a San Matteo con una piccola brigata di amici a guardare dall’alto il pulviscolo di lumi nella valle e a salutare l’estate che se ne va. È un paesaggio, e un sentimento che somiglia a te, alla tua casa, alla tua pittura. Sembra in essi di poter cogliere il segreto dell’arte, quell’indicibile valore aggiunto che scava un abisso fra due proposizioni uguali: quella del meteorologo che annunzia in TV una notte serena e quella di Leopardi che per dire la stessa cosa pronunzia sillabe immortali: «Dolce, chiara è la notte e senza vento». Trasforma cioè la notizia in musica, l’informazione in visibilio. Torno così alla parola di prima e alla tua pittura. Della quale altri parlerà con competenza di storico e sensibilità di critico. Io sono solo un guardone. Il che non m’impedisce di affermare, e concludo, che a me tu sembri il maggiore fra i pittori italiani contemporanei. In una contingenza che vede contrapporsi tumultuosamente i paladini dell’eversione e i tutori dell’ordine, tu vivi con estremo pudore la tua condizione di orgogliosa solitudine. E mentre affermi la tua fede nella trascrivibilità del reale, vi introduci una vibrazione di mistero, una esitazione e sospensione del tempo, quanto basta a insinuare il tremito del sacro dentro gl’ingranaggi inflessibili della ragione. Null’altro avrei da aggiungere se non avessi scoperto fra le mie carte un vecchio biglietto d’auguri per il tuo cinquantesimo compleanno, scritto dieci anni fa per il Giornale di Scicli. La data è quella del 5 maggio 1995. Ciò vuol dire che in questi giorni ricorre il tuo sessantesimo compleanno e che, guardandoci indietro, possiamo misurare quanto fecondo sia stato il decennio trascorso. Ti auguro un bilancio altrettanto operoso per il traguardo dei settant’ anni, nel 2005. Prevedo che cause di forza maggiore mi tratterranno altrove, quel giorno. Ma sin da ora, a futura memoria, valgano questi fogli come augurio e rinnovato abbraccio di ringraziamento a te per la tua opera e la tua vita.
Gesualdo Bufalino
ESSENTIAL
Piero Guccione nasce il 5 maggio 1935 a Scicli (RG). Terzo figlio di una famiglia piccolo borghese, il padre era sarto e la madre casalinga. Frequenta per un anno il Liceo Artistico di Comiso e poi si trasferisce all’Istituto d’Arte di Catania, dove si diploma nel 1954.
Nell’ottobre del 1954, in seguito alla morte improvvisa del padre durante l’estate, Guccione decide di iscriversi all’Accademia di Belle Arti di Roma, che frequenta per un solo mese. Viveva in una pensione a San Francesco a Ripa, mantenendosi con il sussidio di 500 lire che riceveva da una scuola pubblica di manifesti pubblicitari. Nei primi due anni della sua permanenza a Roma, Guccione non dipinse quasi mai. Lavora come grafico in uno studio, dove ha modo di sperimentare nuove forme espressive come manifesti pubblicitari, caricature per giornali, design di mobili.
Il 23 aprile 1960 Guccione tiene la sua prima mostra personale alla Galleria Elmo di Roma, presentata dal critico d’arte Duilio Morosini. Nell’aprile del 1965 Guccione tiene la sua terza mostra personale, presentata da Dario Micacchi e Renato Guttuso, che lo definiscono “il pittore più apparso a Roma dopo Turcato (e Mafai)”. Il 1966 segna la prima partecipazione di Guccione alla Biennale di Venezia, dove viene invitato altre cinque volte: nel 1972, 1978, 1982, 1988 e 2011. Nel 1966 diventa anche assistente di Renato Guttuso all’Accademia di Belle Arti di Roma e, successivamente, titolare di cattedra fino al 1969. Nel giugno 1971 la città di Ferrara gli dedica una prima antologica a Palazzo dei Diamanti che ospita nuovamente le opere di Piero nel 2022 (la mostra è in corso). Ha partecipato alla X e XII edizione della Quadriennale di Roma (1972 e 1992). Nel 1979 torna a vivere nella campagna siciliana (Contrada Quartarella), tra Scicli e Modica dove trascorrerà il resto della sua vita. Insieme al pittore e caro amico Franco Sarnari, ha fondato il gruppo di artisti Il Gruppo di Scicli. Nel 1984, dieci anni dopo il loro primo incontro a Palermo, Leonardo Sciascia presenta due mostre di Guccione: i disegni di Diario Parigino alla Galleria Bambaia (Busto Arsizio, Milano) e una serie di pastelli raffiguranti il paesaggio siciliano alla Galleria La Palette di Palermo, dove sono state esposte le opere di Guccione insieme alle fotografie di Giuseppe Leone. Il padiglione Italia alla Biennale di Venezia del 1988 rende omaggio a Guccione con una sala personale. Nello stesso anno Guccione è finalista insieme a Burri, Schifano e Perez al premio Artista dell’anno a Napoli, promosso da 120 critici d’arte italiani. Nel 1989 si tiene la seconda antologica di Guccione alla Galleria d’Arte Moderna del Comune di Conegliano (Treviso) curata da Marco Goldin. Nel 1980 Guccione espone alla Odyssia Gallery di New York City, presentata in catalogo dallo scrittore italiano Alberto Moravia. Presenta le sue opere nelle principali fiere d’arte internazionali: alla Foire Internationale d’Art Contemporain (FIAC) di Parigi nel 1979, ad Art Basel nel 1984, all’Armory Show (fiera d’arte) di New York City nel 1988, e al C.LA.E. a Chicago nel 1990 n 1999, insieme al direttore d’orchestra Riccardo Muti e alla neurologa Rita Levi-Montalcini, Guccione ha ricevuto il Premio Speciale per la Cultura dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri (Italia). Nello stesso anno riceve ad Aliano (Matera) il Premio Carlo Levi. Nel 2008 Vittorio Sgarbi cura un’antologica dell’autore a Palazzo Reale di Milano e nello stesso anno Maurizio Calvesi presenta la mostra alla Galleria d’Arte Moderna di Roma.
Guccione apparteneva a quella cerchia di grandi conoscitori di arte e letteratura che diresse il pensiero filosofico negli anni ’80: Alberto Moravia, Leonardo Sciascia, Gesualdo Bufalino
Nel 2011 Nunzio Massimo Nifosì scrive e dirige il docu-film “Verso l’Infinito”. Il regista racconta in modo efficace e poetico la figura dell’amato pittore Piero Guccione.
Muore nel 2018 a Scicli nella casa che condivideva con la compagna, la pittrice Sonia Alvarez.
TOGETHER
2005: “Per Piero”, personale di Piero Guccione, Movimento culturale Vitaliano Brancati con la collaborazione di Lo Magno artecontemporanea, Sala Carpentieri – Scicli (RG)
2005: “Il Gruppo di Scicli a Donnafugata”, collettiva di 11 artisti dedicata agli esponenti della Scuola di Scicli, testo critico di Paolo Nifosì, partner tecnico Lo Magno artecontemporanea, Castello di Donnafugata – Ragusa
Artisti in mostra: Giovanni La Cognata, Piero Guccione, Piero Zuccaro, Rosatrio Antoci, Salvatore Paolino, Sandro Bracchitta, Sonia Alvarez, Carmelo Candiano, Giovanni Iudice, Franco Polizzi, Franco Sarnari.
2009: “Undici d’après” personale di Piero Guccione, curata dal critico d’arte Paolo Nifosì, Lo Magno artecontemporanea – Modica (RG)
Undici d’après raccoglie pastelli, disegni e dipinti che percorrono l’arte nel tempo e nello spazio secondo un gioco di “imprevedibili associazioni fra cose e provenienze disparate. Michelangelo, Masaccio, Caravaggio, Giorgione ma anche Le Nain, Chardin, Friedrich: una passione creativa che evoca tratti e figure della storia dell’arte reinterpretandoli attraverso un impulso profondo.
“Sovente, per semplice convenzione, alla base del foglio continuo a scrivere “Studio da”, ma in effetti lo studio c’entra ben poco, mentre giocano un ruolo fondamentale la spinta emotiva e il dato passionale che alcune immagini mi suscitano e che un’interpretazione immediata potrebbe assimilare a degli “omaggi” senza, però, voler indicare una scelta motivata nei confronti di un artista per un progetto particolare a lui rivolto”
Piero Guccione
2009: “Un luogo dell’arte”, collettiva a cura di Paolo Nifosì, organizzata da Lo Magno artecontemporanea in collaborazione con la Fondazione Grimaldi di Modica, Sala del Granaio (traversa di Via Grimaldi) – Modica (RG).
Esporranno gli artisti Sonia Alvarez, Carmelo Candiano, Giuseppe Colombo, Piero Guccione, Salvatore Paolino, Franco Polizzi e Franco Sarnari. La mostra è un omaggio a un gruppo di artisti che ha deciso di fermarsi in terra iblea a raccontare il territorio, divenuto oggi appunto “Un luogo dell’arte”.
2012: “Il Silenzio delle Nuvole”, la galleria festeggia 20 anni di attività con una mostra-evento
Quaranta circa gli artisti presenti, due vernissage – uno in primavera con gli artisti “storici” e l’altro in autunno con i “giovani” a cura di Antonio D’Amico, Lo Magno artecontemporanea – Modica (RG)
Artisti in mostra: Sonia Alvarez, Rosario Antoci, Giuseppe Atanasio Elia, Francesco Balsamo, Salvo Barone, Sandro Bracchitta, Carmelo Candiano, Giuseppe Colombo, Piero Guccione, Alessandro Finocchiaro, Giovanni Iudice, Giovanni La Cognata, Luca Macauda, Salvatore Paolino, Franco Polizzi, Giuseppe Puglisi, Franco Sarnari, Piero Zuccaro
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Umberto Agnello,Maria Buemi, Giovanni Blanco, Daniele Cascone, Andrea Cerruto, Giuseppe Diara, Fulvio Di Piazza, Emanuele Giuffrida, Carlo e Fabio Ingrassia, Filippo La Vaccara, Andrea e Marco Mangione, Gianni Mania, Davide Nido, Cetty Privitera, Floriana Rampanti, Giovanni Viola e William Marc Zanghi.
2013: “Piccola Onda”, personale dell’Artista curata da Paolo Nifosì, Giuseppe Pitrolo e Giuseppe Lo Magno, in collaborazione con Laboratorio (produzioni cinematografiche), Lo Magno artecontemporanea, Modica (RG)
Evento omaggio a Piero Guccione. Il titolo dell’evento nasce dall’idea di raccontare parte dell’universo artistico del maestro siciliano attraverso fotografie, opere pittoriche, frammenti di film, parole. La serata fu articolata in tre segmenti: una mostra fotografica, una conversazione letteraria e la presentazione di una nuova opera grafica del maestro Guccione, realizzata in serie limitata. La mostra fotografica presenta ventidue preziosi scatti realizzati da Gianni Mania sul set del film-documentario “Piero Guccione” di Nunzio Massimo Nifosì. A seguire, i critici d’arte Paolo Nifosì e Giuseppe Pitrolo propongono suggestioni e riflessioni in margine alla lettura del libro “Le cose impalpabili – conversazione con Piero Guccione” di Antonio Motta. Infine, la presentazione della nuova opera grafica dell’artista dal titolo “Piccola Onda”, realizzata in sessanta esemplari.
2016 : “The Light of Sicily”, testi critici di Paolo Nifosì, organizzata da Lo Magno artecontemporanea e la Francis Maere Fine Arts Gallery con la collaborazione di Giovanni Giannì e Giovanna Zacco, Francis Maere Fine Arts Gallery, al primo piano dell’Hotel Falligan – Gand (Belgio).
Artisti in mostra: Giuseppe Colombo, Giovanni Iudice, Piero Guccione, Giovanni La Cognata, Franco Polizzi, Giuseppe Puglisi e Piero Zuccaro.
Gand ha offerto un’importante vetrina internazionale per l’arte siciliana e un’occasione di incontro e di confronto per veicolare l’immagine migliore della nostra terra nel cuore dell’Europa.
2016 : “The Light of Sicily”, a cura di Giuseppe Lo Magno, testi critici di Thomas Deprez, Lo Magno artecontemporanea – Modica (RG)
Artisti in mostra: Giuseppe Colombo, Giovanni Iudice, Piero Guccione, Giovanni La Cognata, Franco Polizzi, Giuseppe Puglisi e Piero Zuccaro.
“I loro dipinti sono documenti della vita in Sicilia. Parlano del sole; dei colori che esso corrode e delle vibrazioni luminose che irradia. Parlano delle ore del giorno e dei giorni dell’anno. Parlano di un territorio, dove il caldo intenso dell’estate offusca le linee di confine tra tra la realtà e il sogno. […] Ognuno di loro è vittima del richiamo del mare. Con le sue sconfinate variazioni di colore e il suo perpetuo spettacolo di luce, esso è il soggetto artistico fondamentale”
Thomas Deprez
2019: “Piero Guccione: Un Silenzio che fa luce”, omaggio all’artista, con la cura di Paolo Nifosì e Giuseppe Lo Magno, Lo Magno artecontemporanea, Modica (RG)
La mostra comprende, come scrive il critico d’Arte Paolo Nifosì sul catalogo:
“Le Attese di partire (fine anni sessanta e inizi degli anni settanta), una serie di litografie in cui le geometrie degli interni di un aeroporto organizzano e strutturano una luce metafisica, i riflessi sulla Volkswagen, del 1973, in una cartella di quattro acqueforti, in cui il riferimento è sia Roma che Scicli; acqueforti molto elaborate di fitte trame, con un lavoro di bulino da orafo, in cui gli inchiostri di una grafica antica hanno un che di corposo e di denso per raccontare la civiltà urbana, quella raccontata qualche anno prima anche nei giardini e nelle siepi, e quella siciliana nel racconto del Paese rosso di Scicli in cui sono compresenti i simboli della chiesa Madre e il tabellone elettorale della falce e martello nella collina di San Matteo, e la scoperta del cielo, delle nuvole in un notturno in cui appare la pallida traccia della luna (forse l’unica immagine in cui Guccione ha reso la luna di notte); le interpretazioni litografiche sul Baltico di Friedrich in una cartella del 1981, gli ibischi degli anni settanta, il miniaturistico e tesissimo Cuore freddo del mare, fatta per il Metropolitan di New York, la Pietà di San Pietro resa con un sicuro e immediato segno in un campo rosso-arancio”
2021: “Showcase Exhibition/2” virtual group exhibition con un tributo a Piero Guccione, curata da Aldo Premoli e Giuseppe Lo Magno, Lo Magno artecontemporanea, Modica (RG)
Balsamo Francesco, Bracchitta Sandro, Bramante Davide, Capolupo Anna, Cerruto Andrea, Colombo Giuseppe, Giuffrida Emanuele, Guccione Piero, La Vaccara Filippo, Lauretta Francesco, Robustelli Giovanni, Schifano Cusimano Ignazio, Taormina Rossana
“Si può ancora fare arte dopo i disastri provocati dal maledetto virus?
La risposta è sì: dobbiamo, vogliamo essere ottimisti, prudenti, ma ottimisti… Per questo Lo Magno artecontemporanea ha deciso – caparbiamente – di presentare questa mostra nonostante il momento sia così particolare”
Aldo Premoli
2021-22: “Tra Rigore ed Incanto”, mostra itinerante omaggio a Piero Guccione curata da Giovanna Mori, Archivio Piero Guccione, con il contributo di Lo Magno artecontemporanea.
In occasione della X edizione del Premio Leonardo Sciascia Amateur d’Estampes, si offre al pubblico l’esposizione di Piero Guccione, artista che con Sciascia ha stabilito una profonda amicizia e intrattenuto una corrispondenza finora rimasta inedita. La mostra ospiterà quindici opere grafiche che abbracciano il periodo 1964-2007. mette in evidenza i temi prediletti dall’artista che, dai primi anni Sessanta cominciò a sperimentare la tecnica dell’acquaforte per poi cimentarsi con quella della litografia, sempre seguendo con meticolosità i diversi procedimenti tecnici. Riconosciuto e celebrato nella veste di pittore – innumerevoli i riconoscimenti in Italia ed all’estero -, seppe trattare i temi cari alla sua poetica attraverso gli strumenti della grafica con altrettanta passione e accuratezza. La mostra ha fatto tappa nei più importanti centri d’Italia.
Una piccola conclusione:
Palazzo dei Diamanti – Paola Guccione racconta il Padre Piero