Giuseppe Leone

È la donna, il corpo femminile, il nucleo centrale del lavoro di Leone; nel quale tramite un racconto visivo narra dell’erotismo estetizzante che

la caratterizza nel suo vissuto quotidiano. Un eros in cui le figure rappresentate consumano poco sesso e nelle quali, invece, si rappresenta piuttosto, tramite lo sguardo dell’artista, la componente erotica in maniera allusiva senza forzature o eccessi. Una

sensualità velata legata più alla concezione astratta del desiderio e della sessualità. Il percorso procede dall’approccio dei primi baci, fino alla maternità. In un crescendo di sensazioni visive dove la donna si approccia alla propria sessualità nell’intimità

della casa o in un paesaggio desolato, sulle pendici dell’Etna. Un rapporto dunque anche con la terra, dove la sensualità e la formosità del corpo femminile contrastano con la durezza e la spigolosità delle rocce. Una donna sensuale, quotidiana, semplice,

siciliana lontana dagli archetipi della bellezza fittizia proposta dai media. Colta nei silenzi delle stanze mentre dorme o in una voluttuosa danza su note che solo lei riesce a sentire, durante un momento intimo ma rituale della vestizione o tra le evanescenze

e le movenze sensuali di una donna che costruisce relazioni interpersonali solo con il proprio corpo. È questa la donna che Leone propone per il suo libro sull’Eros in Sicilia.

Emanuela Alfano

Giuseppe Leone

Nelle fotografie di Leone non cercate la collera né la pietà civile né l’avvampo della metafora; bensì, istigato dall’eccellente mestiere, un colpo d’occhio avvezzo a cogliere le mimiche significanti del grande teatro umano.

Gesualdo Bufalino

Giuseppe Leone, siciliano (vive e lavora a Ragusa), da oltre cinquant’anni racconta la Sicilia attraverso immagini di persone, luoghi, feste, paesaggi e architetture, quasi sempre in bianco e nero perché ‹‹il bianco e nero è l’interpretazione della natura e delle sue trasformazioni, il colpo d’occhio che scarica da ogni orpello un’immagine per dare senso a quello che è l’essenza di ciò che vedi››.

In veste di narratore ha condiviso l’esperienza profonda di questa terra con autori che come lui ne hanno saputo cogliere bellezza e contraddizioni – da Sciascia, a Bufalino, a Consolo – senza mai cadere nello stereotipo: ‹‹La macchina è uno strumento per poter dialogare con quello che ti circonda. Allora il fotografo diviene, oltre che un interprete, un ricercatore. A me non interessa l’immagine eclatante da scoop, ma una fotografia concettuale, di ricerca, di immediatezza, visto che mi dedico ad afferrare l’immagine al volo […]. Quando torno da una battuta fotografica sono felice se nel mio paniere ci sono almeno tre immagini indimenticabili. Le immagini per essere tali devono avere una grande forza evocativa e interpretativa››.

Dal catalogo “MAXXI Architettura. Fotografia”

per la collezione del Museo MAXXI di Roma

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